Quite used to see the first XK series as an elegance marvel we must not underestimate its racing nature. So when I met this extreme red racer I’ve been blown away.
Esperto informatico e CTO di un importante archivio fotografico, da sempre appassionato di auto classiche e fotografia ho avuto il privilegio di vedere i miei scatti pubblicati sulle principali testate di auto storiche, da Petrolicius a Ruoteclassiche.
Dal 2017, firmo gli articoli di Ciclo Otto
The XK120 is a British icon like the E-Type or the countless iteration of the British spiders. The fastest production car at the presentation time (“120” as the Miles per hour of max speed) this car combines the great style with the performance.
The car here shown, a 1952 OTS model was on sale at Auto e Moto d’Epoca Fair in Padua and has the “do not touch!” bill on the windshield.
I always avoid to touch the cars unless authorized by the owner/vendor. I take it as an act of education and respect for the car.
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Difficile pensare ad un’auto più riconoscibile della Jaguar E-Type. Un’auto che ha attraversato i limiti della cultura automobilistica per diventare un modello di stile, una protagonista al cinema e in televisione, un’icona dei fumetti e perfino star del matrimonio del secolo.
La cosa che più affascina di tutto questo è che a fronte di una irresistibile bellezza, la E-Type era ed è una vettura dei grandi contenuti. Un mito completo, che a distanza di quasi 60 anni non accenna a spegnersi.
Le origini: le cavalcate verso Ginevra
Jaguar E-Type – Frontale
Jaguar E-Type – Posteriore
Sono gli inizi degli anni 60 quando dalla matita di Sir Malcom Sayer nasce un’ambiziosa vettura derivata dalla racer D-Type, con il difficile compito di sostituire la serie XK sul mercato. Unica concessione alla novità, il collaudato e performante 6 cilindri da 3.8 litri della XK150S.
La presentazione avviene al salone di Ginevra 1961, dove nasce il curioso aneddoto delle cavalcate: la nuova E-Type arrivò allo stand Jaguar in clamoroso ritardo, guidata a tavoletta da Coventry a Ginevra, appena 20 minuti prima dell’inaugurazione (con gran sollievo di Sir William Lyons)
Jaguar E-Type – Posteriore
Vista l’enorme mole di richieste per testare la vettura, una seconda E-Type (in questo caso una roadster) arrivò a Ginevra il giorno dopo, guidata anche in questo caso direttamente da Coventry durante la notte da uno dei test-driver del Giaguaro a cui venne detto”Hey, molla tutto e vieni subito qui!”. Due corse mozzafiato per un modello che avrebbe ampiamente ripagato gli sforzi della casa.
Emozione “economica”
Prodotta fin da subito nelle due varianti OTS (Open Two Seater) o FHC (Fixed Head Coupé) fece scalpore per la linea audace, affusolata e decisamente affascinante. Presentata a New York qualche mese dopo, spopolò anche negli States, con gli americani stregati dalla versione aperta.
Jaguar E-Type – Ruote a Raggi
E’ interessante notare che spesso si parla della linea aerodinamica della XK-E ma Malcom Sayer non studia la vettura nella galleria del vento. Gli accorgimenti per migliorare la resistenza all’aria sono frutto di puri calcoli matematici. Bello pensare che da fredde cifre possa uscire qualcosa di emozionante.
Un vantaggio, spesso poco noto, a cui la E-Type deve parte della sua fortuna è l’aver unito contenuti di eccellenza quali i 4 freni a disco, il sofisticato sistema di sospensioni e il potente motore da 265 CV ad un prezzo di vendita “economico”. A parità di prezzo, un cliente poteva preferirgli una Porsche 356, ma si parla di una vettura spinta da un 4 cilindri boxer da 90CV. Qui la faccenda era un po’ diversa.
L’evoluzione “infelice”
Progredita nel tempo, prima con l’evoluzione del motore a 4.2 litri e la sostituzione del cambio automatico Moss (1964) poi con la nascita della versione 2+2 (con passo aumentato di 9 centimetri), come spesso accade a vetture particolarmente riuscite, il design delle successive 2 serie non è riuscito ad aggiungere o rinnovare la linea disegnata da Sayer.
Jaguar E-Type – Dashboard
Oltre a questo, la necessità di ottemperare alle normative americane (il 75% dell’intera produzione è stato venduto negli USA) appesantì la linea obbligando a rinunciare alla carenatura dei fari, all’adozione di paraurti maggiorati e a una serie di aggiornamenti che sporcarono un capolavoro che in un mondo perfetto sarebbe dovuto rimanere intatto.
La chiusura nel 1974 con la versione V12 (spesso appellata come “the fat E-Type”) chiuse l’epopea di un’auto speciale e unica.
Meraviglia Opalescente
La vista di questo meraviglioso esemplare di E-Type OTS è stata emozione pura. Prima serie (1965) abbiamo di fronte una vettura che è la virtuale gemella di quella utilizzata nel Royal Wedding di Meghan and Harry, ma (Thank God!) qui abbiamo lo spettacolare 6 cilindri 4.200 cc a spingere l’auto.
Jaguar E-Type – Frontale
Impeccabilmente mantenuta nello splendido Opalescent Silver Blue, il proprietario si è concesso un servosterzo per agevolarsi nelle manovre.
Una modifica reversibile, perché, come certi miti di auto insegnano, alcune auto nascono “perfette”.
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It’s already a classic even if it left the market less than 25 years ago. And in this later versions it gained a bit extra charme in my opinion.
Jaguar XJS 5.3 v12 – 1992
Jaguar XJS 5.3 v12 – 1992
Jaguar XJS 5.3 v12 – 1992
Jaguar XJS 5.3 v12 – 1992
This 1992 model looks great after the 3rd restyling and I specifically love the darken backlight panel. Under the hood the 5.3 liters 12 cylinders epic engine producing 280 HP! Superb GT.
This car is the today’s game solution for “The Classic Car Challenge” Game. Join the game on the @ciclootto Instagram Stories and follow both #ciclootto and #tccchallenge hashtags for more!
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E tre. E’ il terzo anno che Ciclo Otto segue il Gran Premio Nuvolari e dopo Siena e Arezzo, quest’anno ho deciso per qualcosa di diverso. Seguire la corsa nella sua tratta sull’appennino toscano. E devo dire che è stata un’esperienza fantastica
CT e l’appostamento
Alfa Romeo 6C 1750 SS – #28 – Gran Premio Nuvolari
Approfittando del CT (controllo tempo) in località Panna, in un tratto in cui le vetture devono affrontare un insidiosa zona di curve in salita, la visuale delle vetture si è rivelata mozzafiato. Le prime vetture ad affrontare il tratto, le prewar, non hanno avuto alcun problema ad affrontare la salita, con qualche intoppo unicamente per una Bugatti arrestatasi in cima alla prima asperità del percorso..
E mentre il sole baciava i partecipanti con un’alternarsi di vetture da sogno, prime tra tutte la pattuglia delle Alfa con alcune splendide Alfa Romeo 6C 1750 , una discreta pattuglia di Bugatti e una splendida parata di vetture Porsche 356.
Gli imprevisti delle dee
Ferrari 275 GTB – #281 – Gran Premio Nuvolari 2019
E mentre per quasi tutti, il passaggio dall’appennino sembrava tranquillo, qualche problema in più si è rivelato per un paio di equipaggi. In particolar modo, la meravigliosa Ferrari 275 GTB dell’equipaggio argentino Kovalikver-Gallo si è dovuta fermare pochi metri dopo il controllo a tempo per la probabile rottura di un manicotto. Sfortuna per l’equipaggio argentino, ma un’occasione in più per noi per gustare la meravigliosa creatura di Maranello.
Jaguar E-type – #261 – Gran Premio Nuvolari 2019
Curioso anche il dialogo con l’equipaggio della meravigliosa Jaguar E-Type FHC 4.2 numero 286 (Heger/Heger) che si fermano davanti a noi chiedendo di un benzinaio. Alla risposta “ci vorranno 20 km”, il pilota ci risponde dicendo:”io non ho 20 Km!!!”
Classifica che parla Italiano
Per chiudere, uno sguardo alla classifica finale. Al traguardo di Mantova, successo per PASSANANTE / DE ALESSANDRINI su FIAT 508 C, che precedono la vettura gemella di MOCERI / BOTTINI. Terzo posto per l’Alfa Romeo 6C 1750 SS di VESCO/TANGHETTINI
Come per ogni occasione speciale, ecco la super- photogallery di Ciclo Otto dal Gran Premio Nuvolari 2019
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La chiusura della casa d’aste australiana Mossgreen, soffocata da 12 milioni di dollari di debiti, apre la discussione sulla situazione del mercato delle aste di auto classiche in questo 2018.
Mossgreen aveva aperto il dipartimento auto classiche nel 2014, perfettamente in tempo per la fine della impressionante crescita del mercato.
Negli oltre tre anni di attività tempo era diventata una delle case d’asta più apprezzate in Australia per la vendita di auto. La stabilizzazione del mercato ha complicato le cose. La mancata assegnazione di una Jaguar D-Type sotto stima di oltre 2 milioni di dollari (2017) e il tentativo fallito di riuscire a vendere la prima auto australiana a oltre 1 milione di dollari (una Holden 1977 dal palmares sportivo interessante, passata di mano per 800.000 dollari) sono stati segnali di una situazione che ha poi costretto Mossgreen ad alzare bandiera bianca.
Le aste recenti
Porsche 550A Spyder – Bonhams
Quindi, assodato che la crescita impazzita delle stime si sia decisamente ridimensionata (se non riesci a vendere, alla lunga le richieste scendono), può essere interessante valutare le assegnazioni delle vetture nelle ultime aste di auto classiche. Le aste americane di Sotheby’s, Gooding e Bonhams sono andate comunque bene, ma quasi tutti i lotti assegnati erano sotto stima e qualche pezzo pregiato (e dal prezzo rilevante) è rimasto invenduto (come la Jaguar D-Type Red di Gooding&Co).
La sensazione, considerando anche le aste 2017, è che si stia tornando a un collezionismo più sano, con la componente speculativa, vista la riduzione dei margini, ridimensionata.
Chiaramente le vetture di primo piano fanno storia a se stante, ma se è vero che un indizio non fa una prova, vedere con quanta fatica sono stati assegnati mezzi dalla storia eccezionale (vedi Porsche 550A di Bonhams) e sempre o quasi sempre sotto stima, viene da pensare che il futuro a breve termine possa riportare l’acquisto e il collezionismo di un’auto d’epoca a un’attività di condivisione più legata alla passione che al business.
Prospettive: quale destino per le classiche “moderne”?
BMW 3.0 CSL – Asta Pananti
Da non sottovalutare inoltre l’arrivo delle nuove generazioni. Un interessante articolo di Ruoteclassiche cercava di fare il punto su quello che è e sarà il collezionismo nei prossimi anni.
Due problematiche ci sembrano di particolare interesse: il relativo calo di interesse per le vetture in generale, sempre meno centrali nella vita delle persone affiancate da mezzi di trasporto pubblici e privati che sostituiscono la necessità delle auto riducendone progressivamente l’interesse. In secondo luogo, c’è da chiedersi se le auto “moderne” (eccetto le supercar, che afferiscono direttamente al mondo del lusso esclusivo) potranno nel tempo avere l’appeal delle vetture del nostro passato recente.
Potrà una Fiat seicento moderna paragonarsi come storia e emozionalità ad una Fiat 600 anni 50-60? Una Ford Anglia con una Ford Focus attuale? Una Opel Astra con una Opel Kadett anni ’60?
Il significato storico dell’auto nel secolo scorso era indubbio e forte. L’auto classica “moderna” potrà avere lo stesso impatto?
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