La Dino è più di una splendida vettura. Rappresenta infatti uno dei più significativi tributi di un padre verso un figlio che il mondo dell’automobilismo abbia mai avuto. Qualcosa che va oltre l’intrinseca bellezza di una vettura, che rappresenta tutt’oggi uno straordinario esempio di auto sportiva dalla linea sinuosa ed equilibrata.
Dino e il destino del ricordo
Un figlio con un destino: raccogliere un’eredità, imprenditoriale e sportiva davvero straordinaria. Alfredo, detto “Dino” nonostante la giovane età è già destinato a raccogliere l’eredità del padre Enzo. Gli studi di ingegneria abbinati a una formazione eclettica in economia e marketing lo destinavano ad avvicendarsi al padre.
La vita come sappiamo scelse un destino diverso per il giovane Dino, morto prematuramente a 24 anni per distrofia muscolare.
In Ferrari, Dino aveva già avuto modo di mostrare le sue capacità avviando la progettazione di un motore V6 destinato alle vetture di Formula 2, seguito dal fidato Vittorio Jano. Quel lavoro, darà l’occasione ad Enzo di omaggiare l’amato e perduto figlio con un ricordo che renderà il suo nome incancellabile.
La Ferrari nascosta
Attorno a quel motore nasce una famiglia di vetture che il Drake non chiamerà Ferrari, bensì Dino. Il brand Ferrari o il logo del Cavallino non compaiono sulla carrozzeria dell’auto.
Si potrebbe dibattere se la scelta di Enzo fosse maggiormente dovuta al voler omaggiare il figlio o a distinguere la “piccola” sportiva dall’abituale produzione del Cavallino.
In uno slancio romantico propenderei per la prima ipotesi.
C’é da sottolineare che il claim pubblicitario con cui venne presentata la Dino recitava “Minuscola, scattante, sicura…quasi una Ferrari”. In questo si evidenzia il voler creare una distanza tra i due marchi e lei due proposte di vettura.
Tutto attorno al motore
Il cuore dell’avventura Dino è concentrato evidentemente su quel V6 progettato da Alfredo.
L’auto viene disegnata attorno al motore 2 litri interamente in alluminio realizzato dal giovane ingegnere, e, come accennato, questo rappresenta una prima assoluta per una vettura made in Maranello.
Ancora più rilevante è la disposizione con cui questo propulsore viene montato nella vettura. La Dino è la prima auto stradale del Drake a montare il motore in posizione centrale trasversale.
Questo tipo di disposizione non riscuoteva i favori del Commendatore che reputava questa disposizione potenzialmente pericolosa per un uso stradale, e più adatta a vetture da pista.
La ridotta dimensione del V6 (e relativa minor potenza) rispetto a unità più plurifrazionate ha sicuramente giocato un ruolo nell’approvazione del progetto.
Da non sottovalutare inoltre l’avvento della Lamborghini Miura (nel 1966), che sconvolgeva il mondo delle vetture ad alte prestazioni con una vettura con lo stesso schema meccanico.
La Dino: dalla berlinetta speciale alla 246 GT
Il design della Dino nasce dal lavoro di Aldo Brovarone per Pininfarina. Al salone di Parigi del 1965 viene presentata la Ferrari Dino 206 S Berlinetta Speciale. Il successo di pubblico del prototipo fornisce un’ulteriore spinta a definire la produzione in serie della Dino.
Il disegno anticipa le linee della vettura definitiva. Nel 1968 nasce la prima Dino stradale: si chiama 206 GT e il suo nome evoca il lavoro di Alfredo evidenziano la cubatura (2000 cc) e il frazionamento del propulsore.
L’auto viene prodotta per un solo anno in 152 esemplari. Il propulsore, derivato dall’unità da corsa è un prodigio di leggerezza: v6, 2 litri e 180CV.
Anche il corpo vettura interamente in alluminio contribuisce a rendere la 206 GT estremamente efficace. Purtroppo questa leggerezza si paga con una certa fragilità che induce Ferrari a correggere il tiro.
Per certi versi la 206 GT viene quasi intesa come una versione ancora prototipale della Dino, dove la seguente 246 rappresenterà la vera vettura di produzione.
Dino 246 GT: la piccola del cavallino
La Dino 246 GT è una sportiva compatta a motore centrale trasversale. Come si evince dal nome, il motore aumenta di cubatura in questa versione, fino a 2,4 litri. Era il tentativo di compensare l’aggravio di peso rispetto alla 206 GT dovuto alla rinuncia al basamento in alluminio e all’adozione dell’acciaio per il corpo vettura. Solo cofano e sportelli rimangono in alluminio.
La potenza complessiva sale a 195 CV. Il corpo vettura cambia leggermente tra le due versioni ( con la 246 GT che risulta piu’ lunga di quasi 20 cm). L’evoluzione stilistica dal prototipo di Brovarone è curata da Leonardo Fioravanti che disegna una vettura filante e complessa.
Passaruota pronunciati, prese d’aria sulle fiancate. Nonostante la linea dell’auto possa risultare elaborata, il risultato definitivo è pulitissimo e lineare.
Una GT sportiva dalla linea filante ma non barocca o pesante. Un capolavoro di equilibrio.
La Dino 246 GT diventa nel suo arco produttivo (comprendente 3 differenti serie), l’auto del Cavallino più venduta, con oltre 3100 pezzi realizzati
Voglia di Rosso: la “nostra” 246 GT
L’auto di questo Monograms è una Dino 246 GT appartenente all’ultima serie di produzione (denominata “E”) ed è stata realizzata nel 1973.
L’auto viene venduta originariamente in Francia, ma dopo pochi anni passa di mano ad un secondo proprietario Parigino che, avendo tra le mani una “Ferrari” decide di coprire l’originale color celeste metallizzato con il Rosso Corsa Ferrari.
In questa configurazione viene acquistata dall’attuale proprietario, da sempre appassionato della Dino, che procede ad un iniziale restauro.
Imbarcandosi nell’opera, si mette in contatto con Ferrari, scoprendo sorprendentemente che la vettura non era rossa. Inoltre, la superficie interna dell’abitacolo, dietro ai due posti, non è stata riverniciata ma coperta con un tessuto nero, col quale è stata sostituito tutto l’interno.
Alzato il tessuto, la lamiera nuda racconta la vera origine di questa singolare Dino.
Sono solo 29 le 246 GT realizzate in questo particolarissimo celeste metallizzato e solo 7 quelle con l’interno in pelle celeste (ripristinato dal proprietario). La verniciatura ha una tonalità cangiante con sfumature che vanno dall’azzurro al verde, in un’incertezza cromatica che la rende davvero affascinante.
Dino per sempre
Con l’intento di lasciare un ricordo del figlio scomparso, Ferrari ha creato una delle più affascinanti vetture sportive degli anni 60-70. Un omaggio che ha reso il nome Dino immortale.
Esperto informatico e CTO di un importante archivio fotografico, da sempre appassionato di auto classiche e fotografia ho avuto il privilegio di vedere i miei scatti pubblicati sulle principali testate di auto storiche, da Petrolicius a Ruoteclassiche.
Nel 2017 ho creato Ciclo Otto