Nella seconda metà degli anni ’40 Fiat, la più grande industria automobilistica italiana, versa in condizioni critiche. Il secondo conflitto mondiale ne ha fortemente danneggiato molti dei siti produttivi che devono essere ricostruiti in fretta.
Allo stesso tempo risulta fondamentale svecchiare la gamma, ancora ferma ai modelli progettati prima della guerra (condizione comune a molte delle industrie concorrenti).

La dirigenza di allora, capitanata dal presidente e amministratore delegato Vittorio Valletta, pone come priorità l’aggiornamento della gamma, modernizzata secondo i canoni del nuovo decennio.
Inizia così uno dei periodi più intensi per gli “Uffici tecnici autoveicoli”, agli ordini di Dante Giacosa. Il giovane ingegnere, fedelissimo della casa torinese. propone idee brillanti ed innovative e mostra il carisma giusto per tenere testa ad una mole di lavoro impressionante.
Durante il secondo conflitto mondiale Giacosa non ha mai smesso di lavorare a nuovi progetti e ricerche, così da farsi trovare pronto al momento del rilancio post-bellico. Nascono così, non senza ostacoli le prime due vetture Fiat del dopoguerra: le Fiat 1400 e 1900.

“101E1″: una vettura nata già vecchia
Il nuovo modello, siglato internamente “101” viene immediatamente pensato come la prima Fiat con scocca autoportante. Una rivoluzione notevole per un ambiente molto tradizionalista e conservatore come quello della ditta torinese. In tempi successivi, come riferimento, pensiamo al tempo richiesto dal marchio per adottare la trazione anteriore.
Il primo prototipo, siglato “101E1” (acronimo di “esperienza prima”), nasce in sostituzione delle precedenti 1100 e 1200. Inizialmente prevede trazione posteriore, motore di 1270cc con potenza stimata di 36cv e un peso inferiore ai 900kg. Viene completato il 15 ottobre 1946 e appena sottoposto al giudizio di Valletta viene considerato non soddisfacente. Lo spazio a bordo non viene ritenuto sufficiente per ospitare comodamente cinque persone.
Il muletto viene comunque utilizzato per testare su strada il nuovo propulsore e le sospensioni. Ci si rende presto conto che la coppia fornita dal motore non è sufficiente a spostare con brio la vettura. Anche le nuove sospensioni a molle elicoidali montate al posteriore dimostrano di aver bisogno di affinamenti.
“101E2″ : Esperienza Seconda
Il progetto si evolve nel prototipo “101E2”, acronimo di “Esperienza seconda”. La progettazione del nuovo propulsore termina nel maggio 1947 ma, sul più bello, la costruzione viene messa in attesa. Giacosa ed altri dirigenti vengono inviati negli Stati Uniti per effettuare un “viaggio di istruzione”, al fine di constatare lo stato dell’arte della progettazione d’oltreoceano.
Qui vengono studiate le produzioni Chrysler e si approfondiscono collaborazioni, fondamentali come vedremo in seguito, con la carrozzeria Budd di Detroit. Quest’ultima è nota per la propria specializzazione in vetture ferroviarie autoportanti ed ha già collaborato con varie case produttrici europee., tra cui Citroen, che ha utilizza la tecnologia “unibody” per la Traction Avant.

Dal viaggio negli States Giacosa porta con sé alcune considerazioni che generano un ripensamento sul nascente motore. Si opta così per un motore “sottoquadro”, ovvero con corsa dei pistoni inferiore al diametro degli stessi.
Nasce il propulsore “101E2”, con cilindrata 1206cc per una potenza di 40cv a 4400giri/min. Il motore viene disposto in posizione più avanzata in modo da massimizzare lo spazio disponibile nell’abitacolo.
Durante la fase di ingegnerizzazione vengono inoltre organizzati incontri con i maggiori produttori italiani di pneumatici, in modo da ottenerne da 14”, mai usati fino a quel momento.
Il motore, ridisegnato con gruppo cilindri in ghisa, è pronto ai primi di novembre del 1947 e la dirigenza richiede che la vettura possa alloggiare anche un motore da 2 litri.
A fine gennaio 1948 il prototipo “101E2” è pronto, ma ancora una volta si rivoluziona tutto.
“101E3″: in sei all’americana
La situazione economica italiana ad inizio 1948 è quanto di più incerto si possa trovare e Valletta è convinto che gli unici aiuti alla ricostruzione Fiat possano giungere dagli USA. Si decide così di far modificare la vettura in modo da ammiccare ai gusti della clientela Americana.
La “101” ottiene una panca anteriore a tre posti con conseguente spostamento della leva del cambio alla destra del volante. Questo mentre per la linea ci si ispira alle coeve Frazer Manhattan e Kaiser Special, di produzione americana.

Per la “101E3” la dirigenza Fiat decide un propulsore di cilindrata 1.3 litri con una velocità massima di 120km/h. A ciò si aggiunge la richiesta di originare dalla “101E3” una vettura lussuosa da equipaggiare con motore 6 cilindri a V stretto.
Da subito Giacosa, per la versione luxe, propone un motore 2 litri a 4 cilindri da poter facilmente derivare dal ”101”. Per la “101E3” invece prevede un aumento di cilindrata in modo da migliorare la fruibilità dell’auto. La proposta di Giacosa per un propulsore di 1600cc si scontra con le esigenze del reparto commerciale, desideroso di montare un 1300cc. Il propulsore deliberato per la produzione avrà cilindrata di 1400cc (una via di mezzo che scontenterà entrambe le parti) ed implicitamente deciderà anche il nome della nuova vettura.
Il nuovo propulsore nasce velocemente, con una potenza di 44cv a 4400giri/min, ed inizia a girare al banco dal mese di agosto 1948. Intanto la vettura inizia ad ottobre dello stesso anno un serratissimo ciclo di collaudi.
Durante i test si notano molte vibrazioni durante la marcia, attenuate in fase di produzione con l’adozione di numerosi perni in gomma.
Per gli stampi della carrozzeria si decide di avvalersi della americana Budd. Per ottimizzare e preparare i processi di lavorazione la Fiat invia a Detroit Giuseppe Alberti, allora a capo dell’ufficio tecnico carrozzeria.
Seguono poi un anno di preparativi della catena di montaggio per iniziare la produzione. Nasce la Fiat 1400, l’Americana.
Ginevra 1950: un debutto da incorniciare
Nel 1950 ricorrono i 50 anni dalla fondazione del marchio torinese. In occasione di questa ricorrenza si decide di lanciare la Fiat 1400 al Salone di Ginevra. La vettura del “Cinquantennio Fiat”, così denominata dagli addetti ai lavori, ottiene una grande visibilità e un riscontro importante da parte del pubblico e della stampa di settore.

La rivista francese “Auto Journal” la definisce, dopo un primo contatto alla kermesse ginevrina come una “vettura europea”. Lo stesso Giacosa, intervistato alla radio, la elogia in quanto “grande dentro e piccola fuori”, tutto sommato contenuta, di 4,30m.

La vettura è in grado di raggiungere i 120km/h, velocità ideale per la nascitura rete autostradale del bel paese, e può mantenere agevolmente medie di 100-110km/h. Tutto questo in totale comfort e silenziosità, almeno per i parametri del tempo.
Fiat 1900: la vittoria di Giacosa
Visto il notevole successo della 1400, come da programma aziendale, si punta all’allargamento della gamma con una versione di classe superiore.
La scelta finale ricade su di un propulsore da 1900cc derivato direttamente dal motore della 1400, una scelta di buonsenso auspicata dallo stesso Giacosa, sempre attento al contenimento dei costi.
La decisione principale ruota attorno al propulsore da impiegare. Vengono bocciati il 6 cilindri in linea, ritenuto troppo lungo per la vettura, e il v8 con v di 70° che verrà comunque ingegnerizzato ed andrà ad equipaggiare la Fiat 8V.

Il nuovo propulsore, siglato “105”, viene facilmente ottenuto dal “101E3” aumentandone la corsa e l’altezza del basamento, dotandolo di un nuovo albero a camme.
Le problematiche di vibrazioni si presentano nuovamente, peggiorate dalle maggiori potenze in gioco. Per attenuarle, la vettura viene dotato di un giunto idraulico posto tra il motore e la frizione.

La nuova vettura, battezzata “1900”, debutta nel 1952 e presenta una potenza di 58cv. Affianca così la 1400 avendo però interni più rifiniti e una dotazione di serie integrata con radio e cambio a cinque rapporti.
Le varianti più note
Le Fiat 1400/1900 hanno fornito la base meccanica per una serie di singolari ed interessanti versioni fuoriserie.
Per la 1400 è realizzata la versione cabriolet, costruita dalla sezione Carrozzerie Speciali Fiat e utilizzata per decenni come taxi sull’isola di Capri.

Per quanto concerne la 1900 ricordiamo la versione limousine a 8 posti carrozzata Francis Lombardi e la più famosa versione Granluce, elegante berlina due porte basata sulla scocca della 1400 cabriolet con motore 1900 portato a 60cv.

Per la Polizia Stradale vengono realizzate le 1900 Torpedo, con carrozzeria cabriolet della 1400 e motore potenziato, per esigenze di servizio, a 63cv.
L’evoluzione e i primati di un progetto vincente
La “1400” riceve nel corso della sua carriera una serie di aggiornamenti necessari a rimanere al passo con un mondo, quello del boom economico, che si evolve in maniera costante e veloce.
Nel 1953, il motore 1900cc viene modificato per farlo funzionare a gasolio. La Fiat 1400 diviene così la prima vettura italiana equipaggiata con motore diesel.
La nuova versione raggiunge i 100km/h e può contare su 40cv a 3200giri/min. Questo propulsore, dotato di iniezione Spica ad alta pressione, presidierà anche i cofani dell’autocarro 615 e della Campagnola, a testimonianza dell’attenzione al contenimento dei costi che ha sempre animato il lavoro di Giacosa.

Appena un anno e mezzo dopo il lancio della 1400 a gasolio il progetto vede la prima sostanziale evoluzione. Al Salone di Torino del 1954 debuttano la 1400A e la 1900A, potenziate rispettivamente a 50 e 70cv per una velocità massima di 125 e 135km/h , mentre la 1400A diesel raggiunge i 43cv. Tutto questo mentre si registra un modesto aggiornamento estetico relativo a tutte le versioni prodotte.

Come ultima evoluzione del progetto la Fiat presenta le 1400B e 1900B al Salone di Torino del 1956. Si notano qui svariate modifiche, principalmente il fendinebbia anteriore posto al centro della calandra, la vernice bicolore in pieno stile americano e una nuova plancia. Meno visibili ma comunque importanti le modifiche alle sospensioni e all’impianto frenante. Specifico per la 1900B l’utilizzo dei pneumatici tubeless, altra primizia riservata a questo modello.

I motori seguono a loro volta una propria evoluzione con la 1400B che raggiunge i 58cv (potenza della prima 1900) per 135km/h e la 1900B che arriva a ben 80cv (145km/h di velocità masima). Anche la 1400 diesel riceve 3cv extra, raggiungendo così i 46 cv complessivi.
Un progetto veramente europeo
La carriera di entrambe le vetture termina nel 1958 in concomitanza con lancio delle nuove 1500 e 1800. Si parla di un buon successo, considerati i quasi 200000 esemplari costruiti nell’arco di circa otto anni.
I numeri migliorano ulteriormente se si considerano anche le versioni costruite su licenza. Tra le più importanti citiamo la Seat 1400A/B, prodotte in Spagna in più di 50000 esemplari e la particolare Seat 1400C, costruita sino alla metà degli anni ’60 in quasi 49000 esemplari, caratterizzata dalla meccanica della Seat 1400 unita alla carrozzeria della Fiat 1800.

Altra versione da ricordare è quella costruita dalla Zastava in Ex Jugoslavia. Si commercializano infatti qualche migliaio di Zastava 1400 e 1900 sino al 1960, destinate principalmente alle cariche più importanti del paese.
Un po’ differente, in quanto dotata di motore 2000 prodotto in loco, è la Steyr-Puch 2000, basata sulla Fiat 1900 e costruita in Austria. Da segnalare anche la Steyr 2300 costruita tra il 1956 e il 1958 e basata sulla Fiat 1900B Granluce.

In Germania le vetture vengono realizzate e vendute con i marchi Fiat-NSU.
Questi dati rimarcano il fatto che la prima vettura “moderna” del marchio Fiat abbia avuto un grande apprezzamento, raggiungendo vendite importanti nel corso degli anni, specialmente in considerazione del segmento di mercato.
In un mondo uscito nettamente impoverito dal secondo conflitto mondiale non è un fatto da poco aver raggiunto tali numeri di vendita, specialmente in rapporto al tenore di vita della popolazione.
Totò, dopo aver provato una 1900 Granluce, la definì un sogno e questo può far capire quanto orgoglio circondasse una vettura che poteva essere vista come simbolo di rinascita.

A ciò hanno contribuito indubbiamente le qualità della vettura, molto affidabile e discretamente parca nei consumi.
Prima vettura nata sotto l’egida di Dante Giacosa, la 1400 è stata di buon auspicio per gli anni successivi, quelli del lancio di 600 e 500 e della motorizzazione di massa del belpaese.

Nato in una notte del dicembre 1985 e fiorentino doc a tutti gli effetti, sin da piccolino si vedeva la mia forte passione per l’automobile, testimoniata dal fatto che prima ancora di parlare fluentemente deliziavo i miei genitori con i nomi delle auto viste e riconosciute sulle riviste del periodo! Ho vissuto un’infanzia felice scorrazzando con la Citroen 2CV 6 Special rossa di mia madre e l’amatissima Ford Escort SW del 1994, auto di mio padre e da me fortemente desiderata al punto da sceglierne il colore!
Nel corso degli anni sono stato tra i fondatori del Knight Rider Italia, fan club italiano della serie Supercar e sono divenuto assiduo frequentatore della 24h di Le Mans con una gang di amici impareggiabili. Sono anche motociclista da più di dieci anni, vi aspetto per un panino insieme sui passi dell’Appennino Tosco-Emiliano!
2 commenti
Buon giorno,
articolo ben confezionato, completo pur nella sua sintesi. Giusto un paio di lievi imprecisioni:
– la 14000/1900 fu sostituita dalle 1800/2100 (quest’ultima portata poi a 2300 dopo 2 anni). La 1500L, che adottava la carrozzeria della 1800/2100, è nata molto più tardi, nel 1963
– le 1800/2100 erano comunque derivate dalle 1400/1900, in quanto condividevano lo stesso pianale, tanto è vero che la sospensione posteriore era perfettamente identica (e particolare, combinando semi-balestre e molle elicoidali). Dante Giacosa, pur se innovatore sotto molti aspetti, era piuttosto restio ad abbandonare la molla a balestra al posteriore, proprio per l’ottimo rapporto tra costi ed efficienza di questo tipo di sospensione: se si doveva abbandonare la balestra, tanto valeva rinunciare al ponte rigido, in quanto i molloni non garantiscono ancoraggio laterale, tanto da rendere necessario l’adozione di un ancoraggio trasversale, la classica soluzione con barra Panhard, oppure, nelle costruzioni più raffinate come le Alfa Romeo, un triangolo stabilizzatore centrale. Tutto ciò ha un costo sensibilmente maggiore e i vantaggi rispetto alle balestre non sono tali da giustificarlo: basti pensare che nella 141 (Panda) nel 1980 si adottò ancora la soluzione a ponte rigido con balestre, superata solo dall’originale ponte “a omega” introdotto con l’Autobianchi Y10 nel 1985 e subito adottato dalla Panda, il quale – grazie al particolare ed originale disegno – eliminava la necessità della barra Panhard o di qualunque ancoraggio trasversale. Una tale soluzione era abbastanza complicata per le tecnologie anni ’50 e ’60, data la necessità di simmetria e precisione nella lavorazione.
A conclusione, va notato come nelle versioni Familiare della 1800/2100/2300, le necessità di maggior carico fecero optare per la sola balestra, che poi, per unificazione produttiva, fu estesa anche alla berlina: a dimostrazione della preferenza che Giacosa aveva riguardo la molla a balestra.
La ringrazio per il commento preciso e puntuale, è importante avere dei feedback come i suoi per poter migliorare sempre la qualità dei miei lavori!