Un’idea semplice
In Piaggio l’idea era semplice. Passare dalle 2 ruote della Vespa a una versione a 4 ruote. Vettura compatta, 2,8 metri, motore 400cc 12 CV a due tempi sull’esperienza del modello a 2 ruote. Design di Corradino d’Ascanio, padre della Vespa classica.
Ci sarebbero tutti gli ingredienti (siamo agli inizi degli anni 50) per un successo. D’altra parte il mercato delle microcar è in fermento con iconici modelli in via di presentazione, tra cui Iso Isetta e Goggomobil T250.
Ma la realtà industriale è fatta di sinergie ed accordi e prima della delibera del modello definitivo (lo studio del modello ha richiesto la creazione di diversi prototipi), la Fiat, con il suo presidente Vittorio Valletta va a incontrarsi con Piaggio. Siamo nel 1955 e le informazioni sul nuovo modello a 4 ruote erano trapelate nonostante i test dei muletti venissero fatti tutti di notte e in strade periferiche per non dare nell’occhio.
Male non fare, paura non avere
La sostanza dell’incontro si suppone sia stata semplice: se vuoi non producete la 4 ruote, Fiat non entrerà nella produzione di veicoli a 2 ruote.
In Fiat si stava per lanciare la Fiat 500 (verrà presentata nel 1957) e a Torino c’era paura che il modello a 4 ruote della Vespa potesse rubare clienti al neonato “cinquino”.
L’intento era di evitare delle competizioni sul mercato interno. La Vespa a 4 ruote non si doveva fare. Piaggio, messa alle strette dal colosso torinese gettò la spugna. Niente Piaggio Vespa a 4 ruote, nonostante un modello ormai maturo per la produzione. D’altra parte erano ormai passati più di 3 anni dalla realizzazione dei primi prototipi.
L’esilio francese
Piaggio quindi rinunciò alla nuova Vespa. Ma prima di abbandonare il progetto, comunque ormai completato, a Pontedera si decise per un esilio forzato. La catena di montaggio della neonata vetturetta venne realizzata in Francia alla ACMA, consociata di Piaggio per la produzione della Vespa classica in terra d’oltralpe (pratica comune al tempo per evitare dazi doganali).
Il destino della nuova Vespa (da quel momento denominata ACMA Vespa) era di esistere fuori dall’Italia. Presentata alla stampa nel Principato di Monaco il 26 settembre 1957 con l’intento non dichiarato di attirare un pubblico benestante (all’evento presenziava anche Juan Manuel Fangio) e al grande pubblico al salone di Parigi nell’ottobre 1957, venne accolta molto bene, totalizzando quasi 20.000 preordini.
Ottime finiture e maneggevolezza per un’auto che strizzava l’occhio al pubblico femminile.
La concorrenza della Fiat 500 e le origini motociclistiche
La vetturetta (progettata a inizio anni ’50) si dovette però scontrare con le principali utilitarie della fine del decennio, tra cui proprio la Fiat 500 (presentata qualche mese prima). E per la piccola quasi-Piaggio (che aveva ingombri quasi identici alla 500, ma suo cospetto risultava molto meno “macchina”) non c’era molto spazio.
Inoltre l’eredità motociclistica dell’auto (e soprattutto del motore) attirò alcune critiche, tra cui l’eccessivo consumo e le difficoltà di gestione della miscela olio/benzina. Nelle prime versioni quest’ultima doveva essere regolata attraverso un misurino incorporato nel tappo del serbatoio. Nelle versioni più recenti si adeguava la quantità di olio attraverso una pompa meccanica.
Una vita breve
Relegata al mercato estero, (in Italia ufficialmente arrivarono d’importazione appena qualche centinaio di esemplari), e forse vittima di quell’allure di lusso, cercato ma forse non supportato dalle qualità della microcar, la Vespa a quattro ruote riscosse un successo via via calante, arrivando ad appena 30.000 vetture prodotte fino alla chiusura della linea di produzione avvenuta nel 1961.
La piccola Vespa ha avuto anche una piccola “vita” statunitense, dove venne esportata con le comuni modifiche necessarie per i regolamenti US, con fari maggiorati “Sealed-Beam” e paraurti maggiorati.
Esperto informatico e CTO di un importante archivio fotografico, da sempre appassionato di auto classiche e fotografia ho avuto il privilegio di vedere i miei scatti pubblicati sulle principali testate di auto storiche, da Petrolicius a Ruoteclassiche.
Nel 2017 ho creato Ciclo Otto