La Fiat 500 A, la prima “Topolino”, fa parte di quel ristretto gruppo di vetture nate per motorizzare una nazione, dove semplicità costruttiva (e di riparazione) sono elementi fondamentali per creare una vettura accessibile. Un’auto che rappresenta, per l’Italia, la prima vera motorizzazione di massa.
Figlia del “ventennio”
Un’auto economica, per tutti, con un costo di 5.000 lire. Una richiesta perentoria dal grande impatto propagandistico che Benito Mussolini invia a Giovanni Agnelli nel 1930.
In un mondo in cui l’auto era un vero e proprio lusso, progettare un’auto con queste caratteristiche significava creare qualcosa di insolito e intentato, quasi pionieristico.
Le due strade e il diktat sulla trazione anteriore
La progettazione della prima utilitaria Fiat segue due strade distinte. La prima capitanata da Oreste Lardone che propone la realizzazione di una vettura a 4 posti con motore bicilindrico da 500cc con trazione anteriore.
Quest’ultimo dato rappresentava uno scoglio importante da superare per convincere la dirigenza a superare la tradizionale disposizione a trazione posteriore.
Nonostante la bontà del progetto, il primo test su strada condotto con a bordo il Senatore Agnelli si interrompe bruscamente con il prototipo Fiat in fiamme a causa di una perdita di carburante.
Secca la reazione di Agnelli che scioglie il gruppo tecnico e mette la parola fine al progetto di Lardone. Interessante notare che in seguito, l’intera carriera professionale di Oreste Lardone ruoterà attorno alla trazione anteriore Made in Fiat, che culminerà con la realizzazione (1964) dell’Autobianchi Primula, la prima auto del gruppo Fiat con trazione anteriore.
Fessia, Giacosa e la geniale “Topolino”
Abbandonata l’idea della trazione anteriore, e vista l’insistenza del gerarca fascista, l’incarico passa al secondo team di sviluppo che lavora ad una struttura più tradizionale. L’ingegner Antonio Fessia incarica un giovane tecnico, Dante Giacosa di realizzare una vettura economica.
Il giovane ingegnere si rivela abilissimo nel realizzare una vettura che rappresenta una specie di miniatura della Balilla: la Fiat 500 A Topolino.
La genialità (ed economicità) di progetto nasce da due fattori: ridotte dimensioni e riduzione dei componenti utilizzati. Ne è un valido esempio il motore, un 4 cilindri 569cc a valvole laterali, che viene progettato eliminando la pompa della benzina (il motore viene alimentato per caduta, sfruttando la gravità) e la pompa di raffreddamento (utilizzando un radiatore a termosifone).
Interessante la disposizione del motore a sbalzo sull’assale anteriore, lasciando spazio all’abitacolo che ospita due persone con uno spazio posteriore per stivare bagagli, il tutto in appena 3 metri e 20 centimetri.
Una chicca ulteriore è rappresentata dalla posizione del radiatore che è posizionato dietro al motore, soluzione che ha permesso un frontale più curato aerodinamicamente.
La carrozzeria, disegnata da Rodolfo Schaeffer, è quella di una piccola coupé a due posti.
Una “pecca” dovuta alle economie di progetto è il posizionamento dei fari anteriori, veri responsabili del soprannome “Topolino”, per cui era previsto originariamente il montaggio sui passaruota, soluzione molto moderna (e sicuramente aerodinamicamente più efficiente) ma che venne accantonata per semplicità di progetto.
Presentazione ed evoluzione: il caso “balestra corta”
Alla presentazione del modello, nel 1936, la vettura riesce a tener fede alle promesse. Le 5.000 lire volute da Mussolini erano irraggiungibili, ma al lancio la piccola “Balilla” costa 8.900 lire, sicuramente un prezzo più abbordabile di ogni altra vettura Fiat in commercio. Di li a breve viene presentata la versione Trasformabile, con tetto apribile (come quella di questo servizio).
La vettura, economica ma non banale, riscuote consensi. Qualche problema lo manifesta il comparto sospensioni, realizzate sull’asse posteriore con un sistema a balestre corte, che viene modificato nel 1938 montando delle balestre più lunghe mutuate dalla contemporanea versione furgonata, in dotazione al Regio Esercito del Regno d’Italia.
Sulla versione da carico, il sistema a balestre corte mostrata di non digerire il peso dei carichi posti al posteriore (con casi di rottura del telaio) richiedendo una modifica che per economie di prodotto viene estesa a tutta la produzione.
Per questo motivo la Topolino A è comunemente denominata in due sotto versioni, con le prime auto prodotte fino a metà 1938 indicate come “balestra corta”, mentre quelle prodotte in seguito denominate “balestra lunga”
Una carriera attraverso la guerra
Il conflitto mondiale allunga paradossalmente la carriera della Topolino A, che rimane in vendita sostanzialmente immutata anche dopo la guerra, fino al 1948, con l’introduzione della versione “B”, che nonostante un’estetica quasi invariata, propone una serie di importanti migliorie, a partire dal motore potenziato per finire al sistema di sospensioni rivisto con un sistema ad ammortizzatori idraulici che migliora il confort di marcia.
Interessante notare come le quotazioni della Topolino A non siano mai cresciute molto negli anni. Le vetture si trovano in vendita con quotazioni al di sotto dei 20.000 Euro per auto in ottime condizioni.
Il motivo è che la guida di queste spartane vetture anni 30-40 è difficoltosa e pesante, fatto che le fa spesso preferire vetture più piacevoli nella guida.
D’altra parte è difficile parlare di piacere di guida su un’utilitaria che di fatto rappresenta il primo mezzo di locomozione a motore per molte famiglie. Sono qualità che possiamo ragionevolmente pretendere da vetture con un’altra storia, forse meno significativa di questa meravigliosa ultra ottantenne.
Esperto informatico e CTO di un importante archivio fotografico, da sempre appassionato di auto classiche e fotografia ho avuto il privilegio di vedere i miei scatti pubblicati sulle principali testate di auto storiche, da Petrolicius a Ruoteclassiche.
Nel 2017 ho creato Ciclo Otto