Le “Tubolare Zagato” rappresentano (insieme all’inarrivabile 33) la quintessenza delle vetture GT degli anni 60 realizzate da Alfa Romeo in collaborazione con Autodelta, la divisione sportiva dell’ingegner Carlo Chiti, incaricata di rinverdire i fasti sportivi del Biscione (ufficialmente ritirato dalle competizioni nel 1951).
Tra le due vetture TZ e TZ2 carrozzate da Zagato, si inserisce un oscuro prototipo realizzato parallelamente all’interno della struttura sportiva.
Autodelta: da struttura parallela alla gestione sportiva
Una struttura parallela demandata a creare, nel più assoluto riserbo, vetture per impiego sportivo sulla base delle Giulia. In sostanza è questa l’obbiettivo sotto cui nasce l’Autodelta.
Nella provincia Friulana, vicino a Tavagnacco, l’azienda, progetta in gran segreto una vettura sportiva con telaio tubolare. Cofondata da due ex tecnici Alfa, Carlo Chiti e Lodovico Chizzola, l’Autodelta si inserdia in un capannone adiacente alla concessionaria Innocenti di proprietà di Chizzola. In quella sede, con il supporto ufficioso di Alfa, si lavora alla creazione delle sportive da competizione della casa di Arese.
In quest’ambito nascono prima la Alfa Romeo TZ, e a seguire la TZ2, entrambe vestite dallo splendido corpo vettura a coda tronca prodotto da Zagato
Tra TZ1 e TZ2: l’avventura di Chizzola
Tra la produzione della TZ (o TZ1), realizzata in 112 esemplari e l’avvento della TZ2, in Autodelta venne prodotto un prototipo con le stesse strutture di riferimento che ritroviamo anche nella TZ.
Da un telaio tubolare realizzato a partire dal frame accorciato di una Ferrari F2, venne creata una vettura sperimentale denominata informalmente da Chizzola come “TZ1 1/2”. Considerando che si tratta di un prototipo non ufficiale (e che non c’é la mano di Zagato a pennellarne le linee), invero l’auto è chiamata più correttamente Alfa Romeo Giulia 1600 Berlinetta “Vico”, in onore proprio di Lodovico Chizzola.
La struttura meccanica di derivazione Giulia viene vestita direttamente in Autodelta, utilizzando, come base, un modellino in scala che pare sia ancora in possesso del Centro Stile Alfa Romeo. Forse si è trattato di un laboratorio tecnico oppure di un tentativo di realizzare in proprio il corpo vettura della nuova TZ, scelta evidentemente abbandonata in favore della TZ2, ancora realizzata da Zagato.
Questa vettura sperimentale, ha carrozzeria realizzato in fibra di vetro e finestrature in plexiglass, con un andamento delle fiancate rastremato e portiere ad ali di gabbiano.
Il motore, lo stesso 1600 che equipaggia le TZ, è posto in posizione anteriore centrale. Questa disposizione, unita alle 4 ruote poste agli estremi del corpo vettura, ha permesso un baricentro estremamente basso, fattore che ritroveremo anche nella TZ2.
Al posteriore, immancabile, il disegno a coda di Kamm.
Oblio e rinascita
La storia di questo prototipo è in gran parte poco nota. Prodotto nel 1965 ha in verità percorso pochissimi chilometri dalla sua costruzione. Sulla vettura, la più interessante testimonianza viene fornita dalla figlia di Lodovico Chizzola, Anna, che racconta di aver participato ad un test drive come copilota del fratello Francesco, dove l’auto sperimentale percorse il tragitto di test classico utilizzato per le TZ in un tempo ridottissimo sfoggiando qualità telaistiche invidiabili.
Non avendo avuto un seguito commerciale, sostituita dalla mirabile TZ2 (in cui ritroviamo parte delle esperienze di questo prototipo), l’auto vive un oblio lungo 35 anni.
Si mostra al pubblico una sola volta, durante i festeggiamenti per il 50 esimo compleanno di Autodelta, destando sorpresa e scalpore.
Pezzo da asta
L’auto si mostra al mondo in maniera spettacolare in 2 aste realizzate da Bonhams, con la sua prima uscita pubblica a Parigi nel 2000. La ritroviamo ancora in asta per Bonhams 11 anni più tardi (2011, asta a Parigi) dove viene aggiudicata per poco meno di 100.000 Euro.
Curioso notare che tra la prima e la seconda asta, l’auto ha percorso circa 580 Km. Non è da sorprendersi trattandosi più di un esercizio tecnico che di un’auto da vivere, nonostante sia stata mantenuta nel corso degli anni in ottime condizioni meccaniche.
Rimane un’interessante variazione e un piccolo pezzo (dimenticato) dell’affascinante storia sportiva di Autodelta.
Esperto informatico e CTO di un importante archivio fotografico, da sempre appassionato di auto classiche e fotografia ho avuto il privilegio di vedere i miei scatti pubblicati sulle principali testate di auto storiche, da Petrolicius a Ruoteclassiche.
Nel 2017 ho creato Ciclo Otto