The Bigger the Better
Gli Stati Uniti sono tradizionalmente stati “over-size”. Non fa eccezione la produzione automobilistica, che forte delle highways e dei grandi spazi, è storicamente legata a vetture di grandi dimensioni, con motori di cubatura esagerata. In questo contesto, a metà anni ’60 nasce (o meglio, vive il suo momento d’oro) una nuova categoria di auto, per soddisfare la richiesta dei guidatori sportivi americani. Verranno chiamate muscle cars (anche se la definizione è nata molto dopo la loro nascita).
Tutte muscoli
In un momento in cui le vetture sportive europee rappresentano l’eccellenza nel mondo (Ferrari 250 GTO, Jaguar Type-E, ecc) negli States si decide di contrapporre la “visione” americana dell’auto sportiva. Il contesto statunitense è però molto diverso da quello europeo. La benzina ha un costo molto basso e si assiste ad una crescita ipertrofica della cilindrata e delle prestazioni delle vetture. Era comune vedere paciose station wagon di 5-6 metri con sotto al cofano 400CV! L’idea della muscle car è abbastanza semplice: una serie di vetture sportive alto di gamma, dotate di motori di grande cubatura e potenze decisamente elevate. Delle fun-car ambiziose, magari non raffinatissime nelle soluzioni meccaniche ma in grado di assicurare velocità e cattiveria sulle strade. D’altra parte questo è il periodo di diffusione delle drag-races e quello che serve sono cavalli sotto al cofano e linea aggressiva.
Il concetto stesso di muscle car è quindi piuttosto vago nel suo significato, motivo per cui non è possibile parlare di un periodo preciso per questo tipo di vetture. Si tende a considerare la metà degli anni ’60 come il periodo d’oro per la nascita di una serie di modelli che incarnano pienamente lo spirito della categoria. Pontiac GTO e Ford Thunderbolt, Shelby Cobra e Chevrolet Chevelle. Tra queste, una delle più iconiche vetture del periodo è la Dodge Charger, un modello che grazie a tanta televisione è diventata una star anche da questa parte dell’oceano.
La Charger, il rasoio e la Coca-Cola
La Charger in verità non nasce come muscle car, ma essenzialmente come rivisitazione della sorella Dodge Coronet ad alte prestazioni. La linea è molto particolare, con una griglia anteriore simile a un rasoio elettrico che nasconde i fari a scomparsa. E’ già disponibile con motori da oltre 400CV ma non è una muscle car, mancando di quell’aggressività che deve dare l’immagine al modello. Le vendite sono discrete nel 1966 ma calano drasticamente nel 1967, forzando Dodge a cambiare la linea della vettura. Da qui nasce lo spunto per la seconda generazione della Charger, che comparirà l’anno seguente.
La linea si doveva differenziare maggiormente dalla Coronet e la vettura venne ridisegnata con lo stile detto “a bottiglia di Coca-Cola”: il disegno della coda e del lunotto ricorda il profilo della bottiglia di Coca-Cola e la vista della vettura al vista posteriore che ricorda il disegno di un diamante. La griglia anteriore a rasoio viene incassata in una cornice e al posteriore compaiono luci circolari.
La Charger diventa l’icona che conosciamo. La linea è un concentrato di cattiveria. Sotto il cofano i motori disponibili sono tutti V8 con potenze che partono dai 230CV (versione da 318cu-5200cc) in su.
La Charger può essere acquistata con l’enorme motore a pistoni emisferici HEMI: 7000cc e 425CV. Nasce inoltre la versione speciale R/T (Road and Track) proposta come allestimento specifico per le prove di accelerazione, disponibile solo per le versioni più potenti.
La vettura è un successo. Le quasi 100.000 vetture vendute nel 1968 rappresentano una delle migliori annate di produzione per la Charger.
Dukes of Hazzard e il declino delle muscle cars
Nel 1969 la linea che tanto è piaciuta non venne stravolta. La griglia anteriore venne divisa da un listello verticale e vennero modificate le luci posteriori, da circolari ad un unico elemento orizzontale che si estende lungo tutta la zona posteriore della vettura. Il modello 1969 è universalmente ricordato per il suo ruolo nella serie TV “The Dukes of Hazzard” in cui il Generale Lee, una Charger R/T 1969 color arancio con la bandiera sudista sul tetto è l’assoluta protagonista. E’ l’apice della popolarità della Charger, che deve parte della sua fortuna anche ai successi sportivi nelle gare Trans-Am e NASCAR, in cui le versioni speciali Charger 500 e Charger Daytona ottengono ottimi successi.
Nel 1970 la Charger si modifica con un paraurti cromato unico anteriore che incornicia il classico “rasoio” e subisce poche ulteriori modifiche. Purtroppo però è già iniziato il declino delle muscle car. Il mondo dell’automobile americano sta cambiando radicalmente: sono state introdotte le prime normative antinquinamento e anti rumore sulle vetture e l’inizio della crisi petrolifera porta all’aumento del costo dei carburanti. I costi assicurativi sono quasi raddoppiati. Vengono introdotti gli stringenti limiti di velocità sulle highways.
E’ la prima metà degli anni ’70 e nasce lo stereotipo della vettura americana con motore di cubatura enorme ma “strozzato” nelle potenze, adatta per le 60 miglia orarie delle superstrade. E’ la fine di un mondo fantastico e di un periodo probabilmente irripetibile.
Esperto informatico e CTO di un importante archivio fotografico, da sempre appassionato di auto classiche e fotografia ho avuto il privilegio di vedere i miei scatti pubblicati sulle principali testate di auto storiche, da Petrolicius a Ruoteclassiche.
Nel 2017 ho creato Ciclo Otto