Immutabile: esiste un aggettivo che più di questo descriva la Lada Niva? Una
vettura che è un vero trait d’union tra l’Unione Sovietica degli anni ’70 e il mondo moderno nel
quale riesce ancora ad ammiccare a vecchie e nuove generazioni grazie al suo fascino di rude
“dinosauro”.
La partecipazione di una Niva del 1984 alla Dakar Classic 2022 (con tanto di supporto della casa madre) ci da l’occasione per ripercorrere la storia della piccola grande fuoristrada russa.
Tovarisc Niva: le origini
All’inizio degli anni ’70 in URSS si assiste a quello che era avvenuto una quindicina di anni prima
in Italia: la motorizzazione di massa. Mentre da noi spopolano le Fiat 500 e 600 (spesso acquistate con cambiali e rate) sogno della massaia come del cittadino medio-borghese, in URSS l’operaio medio si mette in lista d’attesa per la Lada 2101, la mitica Zhiguli, alla quale è destinato il compito originariamente assegnato alla ZAZ 965.
La Zhiguli, pur con tantissime qualità mutuate dalla nostrana Fiat 124, soffre la dura realtà del territorio sovietica. Se la missione è rendere possibile il movimento tra le lande più
desolate della gigantesca unione di stati, spesso collegate da vere e proprie mulattiere, questo compito non può essere certo assolto da una tranquilla berlina a 4 porte e trazione posteriore.
E’ così che, a Togliattigrad, viene approvata la progettazione di un mezzo 4×4, sotto la supervisione
dell’ing. Pëtr Michailovič Prusov e del designer Valerij Pavlovič Semuškin.
Concretamente il progetto si sviluppa tra il 1971 e il 1972 (VAZ E2121) basato su un motore di 1300cc con carrozzeria decappottabile e priva di vere portiere.
La vettura proposta risulta lenta, rumorosa e scomoda. La bocciatura arriva proprio dai leader sovietici, i quali esigono che il progetto venga rivisto per offrire una macchina che dia ai “compagni di campagna” gli stessi comfort dei residenti in una zona cittadina.
La versione definitiva della piccola fuoristrada inizia il suo percorso verso la produzione in serie nel 1973 con un propulsore di 1570cc (che equipaggerà anche la VAZ 2106), accoppiato a trazione integrale permanente con differenziali anteriore e posteriore bloccabili.
L’unione della scocca portante a caratteristiche da fuoristrada duro e puro, quali l’indipendenza del sistema riduttore-blocco differenziale, la rendono uno dei primi SUV della storia, se non il primo in assoluto con queste caratteristiche.
La vettura così configurata viene affinata con l’aiuto di tecnici della UAZ in Uzbekistan nell’estate
del 1973 e prosegue i test nei due anni successivi. Quello che pochi sanno è che nel progetto mette
lo zampino anche la Porsche, fornendo un gruppo di rinvio originariamente sviluppato per un
piccolo veicolo fuoristrada mai entrato in produzione presso la casa tedesca.
1977: L’Inizio di un successo
La 4×4 definitiva viene svelata il 24 febbraio 1976, in occasione del 25° Congresso del Partito
Comunista Sovietico e visti i consensi ricevuti si decide di avviare una produzione sperimentale di
150 esemplari al mese per raffinare la vettura prima della definitiva vendita al pubblico.
La catena di montaggio definitiva viene inaugurata il 5 aprile 1977, anno in cui il mondo conosce la VAZ 2121 Niva, termine russo che significa “campo”. E’ ufficialmente nato un mito.
La Niva è la prima Lada ad essere totalmente progettata dagli ingegneri russi, ad esclusione del
motore, derivato dal propulsore Fiat 1500, peraltro in uso anche sulla Zhiguli.
Le prestazioni in offroad sono notevoli. L’angolo di attacco è di ben 58° definisce le sue peculiarità, compensando la modesta velocità massima (130km/h). In fondo non è un’auto nata per correre ma per andare ovunque.
Nel 1978 la Niva fa il suo debutto nel mondo occidentale, facendo bella mostra di sé al Salone di Parigi.
La sue doti di economicità, robustezza e comfort fanno sì che la vettura faccia breccia nel cuore
degli europei arrivando a prendersi il 40% del mercato europeo dei fuoristrada e restando nella top 3 per ben 15 anni.
In fondo non ha vere e proprie concorrenti in quanto la Suzuki SJ è ancora ben lungi
dall’arrivare, costruita in Spagna dalla Santana, e la ARO 10 non può essere considerata una rivale
credibile.
Si crea così il paradosso: per soddisfare la grandissima richiesta estera del modello, questo non è disponibile nel mercato interno. I sovietici, originari destinatari dell’auto scontano liste di
attesa chilometriche.
Gli anni 80 – Dalle Alpi alla Dakar
Negli anni ’80 la Niva continua a riscuotere un buon successo visto che continuano a mancare delle vere e proprie rivali almeno fino al 1988, anno in cui debutta la Suzuki Vitara.
Contributo interessante alle vendite arriva anche versione open top, vettura non ufficiale, nata nel 1983 dalla carrozzeria francese Wassermann (versione Plein Air) e poi replicata da varie carrozzerie europee.
Nel 1985 viene adottata una nuova trasmissione a cinque rapporti, che migliora significativamente la sfruttabilità della vettura, dando una mano anche sul versante dei
consumi.
Non è un mistero che le versioni export, come sempre in URSS, siano meglio accessoriate e rifinite
di quelle per il mercato interno ed è in questa ottica che diviene fondamentale il marketing studiato dagli importatori europei, che genera numerose serie speciali con lo scopo di dare maggiore appeal in mercati meno spartani di quello sovietico.
Nascono così la Cossack per l’Inghilterra (con sedili specifici, bull bar con luci integrate, parafanghi maggiorati e cerchi in lega) e le Taiga e Safari, con modifiche esclusivamente estetiche, per i mercati belga e francese.
Fioriscono poi le iniziative per coinvolgere maggiormente i proprietari di Niva in Europa e merita
di sicuro una menzione il Nivalp, un tour organizzato tra le Alpi francesi, svizzere e italiane.
Proprio in questi anni nasce la leggenda della Niva alla Parigi -Dakar e nei rally raid in generale,
che la vedono riscuotere un grande successo tra i drivers (tra cui anche Jackie Ickx), che la scelgono per la convenienza economica e per la facilità di preparazione, oltre alla semplicità meccanica che rende più facile intervenire durante le gare.
Tra il 1979 e il 1985 la Niva è stata adottata da ben 81 equipaggi in gara alla Parigi-Dakar, rendendo Lada il secondo marchio più rappresentato nella competizione. Pur sfuggendole la vittoria assoluta è stata in grado di cogliere tre podi consecutivi tra il 1981 e il 1983
grazie al pilota francese Jean Claude Briavoine.
Anni ’90: Dall’Urss alla Russia. Cambia tutto, ma non la Niva
Nonostante la caduta del muro di Berlino la Niva gode di ottima salute, pur iniziando a soffrire il peso degli anni. Dopo quasi venti anni di produzione nel 1994 arriva la prima modifica di spessore: il propulsore originale viene sostituito da un 1690cc da 80cv e nell’occasione la Niva,
si rifà il look diventando 21213 e ottenendo un posteriore ridisegnato.
Il nuovo portellone posteriore che si apre a filo del paraurti costringe i progettisti ad adottare una nuova fanaleria a sviluppo verticale. Per le versioni europee arriva anche l’iniezione elettronica per ottenere l’omologazione Euro1, con il motore siglato “-10”.
Ma la novità più importante è l’arrivo della versione a 5 porte, ovvero la VAZ 2131, che ottiene un passo allungato di 50cm diventando così più accessibile e sfruttabile, perdendo però un po’ di prestazioni e velleità fuoristradistiche a causa dell’aggravio di peso. La meccanica è quella della versione a tre porte, mentre ad affiancare il 1.7 viene proposto il nuovo propulsore da 1774cc con più potenza e coppia.
Il nuovo Millennio
All’inizio del nuovo millennio la Niva è già un oggetto fuori dal tempo, ma rimane
sempre interessante per chi cerca un fuoristrada robusto e dal costo contenuto.
Nel 2003 il motore di 1690cc viene aggiornato con l’iniezione multipoint, elaborazione made in Russia, sul modello di quella adottata da Fiat sui propri propulsori. Nel 2008 il più grande propulsore da 1774cc saluta la scena, non più aggiornabile alle nuove normative sulle emissioni inquinanti.
Il motore originario, al contrario viene aggiornato fino ai giorni d’oggi per rientrare nelle normative attuali, divenendo prima “-20” per l’Euro 2, “-30” per l’Euro 3 e così via.
Nel 2006 la Niva viene ribattezzata Lada 4×4 a seguito di un accordo con General Motors.
La casa Americana è intenzionata ad utilizzare il nome Niva su di una nuova fuoristrada a marchio Chevrolet che altro non è che la VAZ 2123, a sua volta un tentativo di svecchiare il progetto originale.
La “vecchia” Niva al contempo continua la sua corsa e riceve il tanto agognato
servosterzo proprio in occasione del rebadging e nel 2009 viene aggiornata esteticamente con una nuova griglia anteriore, indicatori di direzione e specchietti maggiorati mentre all’interno viene montata la strumentazione elettronica derivata dalla Lada Samara.
A queste modifiche più o meno importanti ne seguono altre ben più consistenti. Nuovo albero di trasmissione e nuovi ammortizzatori la rendono più stabile. Inoltre una frizione rinforzata e una
nuova pompa del freno la rendono più facile da guidare, mentre le nuove guarnizioni adottate dal
differenziale risolvono lo storico problema delle perdite di lubrificante.
In mancanza di nuovi prodotti da sviluppare in Russia si continua a raffinare la storica fuoristrada con interni più “civilizzati” e l’arrivo dell’ABS. La Niva nel 2013 raggiunge lo storico traguardo delle
due milioni di unità prodotte.
Dal 2014 diviene disponibile la versione Urban, che strizza l’occhio alla moda degli SUV. Questa, versione si dimostra più adatta all’uso quotidiano grazie a paraurti maggiorati, specchi riscaldabili e regolabili elettricamente, cerchi in lega e una maggiore insonorizzazione.
La nuova arrivata raccoglie subito consensi, arrivando al 37% delle vendite e portando a nuove iniziative di marketing quali la vistosissima “Bronto”.
Le variazioni sul tema: dalla monovolume all’anfibio
Come sempre accade per le vetture costruite oltre la cortina di ferro, vi è una forte correlazione tra le auto prodotte in serie e il mondo militare. A testimonianza di ciò si ha notizia di un tentativo,
reiterato fino al 1988, di trasformare la Niva in un mezzo anfibio per l’Armata Rossa.
Si tratta infatti della VAZ 2122 Reka, “fiume” in russo, che viene curiosamente equipaggiata col
motore originariamente pensato per la Niva, ovvero il 1300cc da 60cv della Zhiguli 2101. Questa è
dotata di uno chassis rinforzato e così configurata raggiunge i 115km/h su strada e viaggia a 5 nodi in acqua. Purtroppo nonostante tanti anni di test non riesce a superare lo stadio di prototipo a causa dei fondi sempre minori riservati alle forze armate nella fase finale della guerra fredda.
Un altro “oggetto misterioso” nato da una costola della Niva è la VAZ 2120 Nadezhda, “speranza”
in russo, che utilizza il telaio e la meccanica della piccola fuoristrada per farne, nel 1997, il primo
monovolume prodotto in Russia, con tanto di porta laterale scorrevole.
Le prestazioni limitate e un design discutibile portano alla chiusura della produzione (2006) dopo soli 1500 esemplari venduti esclusivamente sul mercato interno.
La VAZ 2123, erede designata della storica Niva è stata presentata nel 1998 (utilizzando la stessa meccanica della progenitrice con carrozzeria aggiornata) ma non è riuscita a sostituire la storica 4×4. La scarsità di risorse disponibili ha costretto la casa madre ad una joint venture con GM che ha portato a vendere la vettura con il marchio Chevrolet.
Testata nel 2003 dall’ARCAP (equivalente Russo dell’Eurocup), la Chevy Niva ha totalizzato ZERO stelle nel crash test. Come attenuante, va detto che la versione testata non aveva neanche gli airbag.
L’accordo con il partner Americano è stato valido fino al 2020, data di uscita di GM dall’azionariato di AutoVaz. Da allora la vettura ha ripreso il marchio originale col nome di Niva.
Il futuro
Parlando dei giorni nostri la piccola Niva prosegue il suo cammino e nel 2020 si è ricongiunta col
suo nome grazie alla fine dell’accordo con GM. Adesso la signora, oramai va per i 45 anni, si fa
chiamare Niva Legend, giusto per far capire di che pasta è fatta.
In Italia la Lada viene importata per vie parallele direttamente dal mercato russo, ovviamente aggiornandola per le necessità europee.
Il motore, il solito 1.7 litri, soddisfa la normativa Euro 6-d nonostante la sua origine sia sempre quella del monoalbero fiat 1500 (pur se debitamente aggiornato) e anche solo per questo è veramente unica nel panorama internazionale.
Si aggiunga che, mentre le colleghe dure e pure come Land Rover Defender e Jeep Wrangler hanno vissuto una sorta di “civilizzazione” con i nuovi modelli, la Niva va avanti così, meravigliosamente antiquata, residuato di epoche che non torneranno più, nel bene e nel male.
Con l’entrata di AutoVaz nella galassia Renault probabilmente arriveranno nuovi modelli anche per lei, ma a noi romantici piace immaginare che tra 20 o 30 anni la troveremo ancora lì, per le strade d’Europa.
Nato in una notte del dicembre 1985 e fiorentino doc a tutti gli effetti, sin da piccolino si vedeva la mia forte passione per l’automobile, testimoniata dal fatto che prima ancora di parlare fluentemente deliziavo i miei genitori con i nomi delle auto viste e riconosciute sulle riviste del periodo! Ho vissuto un’infanzia felice scorrazzando con la Citroen 2CV 6 Special rossa di mia madre e l’amatissima Ford Escort SW del 1994, auto di mio padre e da me fortemente desiderata al punto da sceglierne il colore!
Nel corso degli anni sono stato tra i fondatori del Knight Rider Italia, fan club italiano della serie Supercar e sono divenuto assiduo frequentatore della 24h di Le Mans con una gang di amici impareggiabili. Sono anche motociclista da più di dieci anni, vi aspetto per un panino insieme sui passi dell’Appennino Tosco-Emiliano!