Con questo articolo si inaugura la nuova sezione degli “editoriali” di Ciclootto.it in cui si affrontano tematiche di interesse legate all'auto d'epoca in maniera slegata da eventi, modelli e gare.
Il primo appuntamento di questa rubrica ospita l'interessante articolo di Roberto Giacinti, che va a toccare un argomento piuttosto sentito dai collezionisti: la tassazione delle plusvalenze in occasione della vendita di una vettura.
La Commissione Tributaria di Brescia e le compravendite
Una sentenza 2020 della Commissione Tributaria Provinciale di Brescia (n. 261/2020) ha fatto molto parlare nonostante ci si trovasse al solo primo grado del giudizio tributario. La vertenza riguardava la tassazione o meno agli effetti dell'imposta sul reddito di una plusvalenza conseguita a seguito di una compravendita di auto d'epoca.

La Commissione tributaria di Brescia, con la sentenza, assolveva colui che aveva realizzato e non sottoposto ad imposizione la plusvalenza, se derivante da attività esercitata occasionalmente, rientrando invece nell'obbligo, costituendo un reddito diverso assoggettabile ad imposizione, solo l'attività commerciale esercitata con fine di lucro.
La Commissione esclude la sussistenza dei presupposti affermando che per configurare un'attività commerciale, quindi assoggettabile a tassazione, occorre la presenza di due fondamentali caratteristiche: molteplici rapporti con i terzi per pianificare gli acquisti e le vendite dei beni, ed un'organizzazione riconoscibile, supportata, ad esempio, anche da un contributo esterno, ad esempio dal credito bancario.
Il ricorrente, invece, risultava solo un mero collezionista, appassionato di autovetture d'epoca, che acquistava e rivendeva senza alcuna regola o impostazione imprenditoriale. L'incremento del valore dei beni venduti, considerata plusvalenza tassabile dall'ufficio, non era infatti frutto dello svolgimento di un'attività commerciale finalizzata al profitto, ma solo riconducibile alla naturale lievitazione delle quotazioni delle vetture d'epoca, senza che il contribuente avesse adottato tecniche particolari volte alla massimizzazione dei ricavi.
L'ordinanza della Cassazione sul collezionismo
Ora, con l'ordinanza n. 6874 depositata l'8 marzo 2023, la Cassazione è intervenuta sul regime fiscale da applicare alla cessione delle opere d'arte da parte di privati. Si tratta di un tema alquanto dibattuto in dottrina, con una rilevanza pratica che va al di là delle opere d'arte in senso stretto e riguarda l'intero comparto del collezionismo (orologi, auto d'epoca, francobolli, gioielli), tenendo presente che, in presenza di operazioni per legge tracciate, l'Amministrazione può verificare l'entità delle transazioni.

I giudici, nel prendere atto che nel TUIR non esiste una norma specifica che regola la fattispecie, aderiscono a quell'orientamento dottrinale in base al quale occorre distinguere tra:
– il mercante d'arte è colui che professionalmente e abitualmente esercita il commercio, anche se non dotato di organizzazione imprenditoriale, con il fine ultimo di trarre profitto;
– lo speculatore occasionale è colui che acquista occasionalmente opere d'arte al fine di rivenderne e conseguire un utile;
– il collezionista è colui che acquista le opere d'arte per scopi culturali, con la finalità di incrementare la propria collezione e possedere l'opera, senza l'intento di venderla generando una plusvalenza.
Collezionista o mercante d'arte? Il nodo della durata del possesso e della frequenza delle transazioni
Con riferimento al collezionista, la Cassazione rileva che il suo interesse è rivolto non tanto al valore economico della cosa quanto a quello estetico-culturale, per il piacere che possedere le opere, richiamando anche la sentenza della Commissione Tributaria Regionale di firenze del 9 maggio 2016 n. 826.

Come ricordato dalla Suprema Corte, la stessa dottrina ha individuato diversi elementi su cui fondare ripartizione sopra proposta, quali: lo scopo dell'acquisto; la frequenza e il numero delle transazioni; la durata del possesso; le attività finalizzate a facilitare la vendita; le ragioni che hanno portato alla cessione.
Con riguardo, alla durata del possesso è plausibile che questa sia ridotta nel caso del mercante d'arte o dello speculatore occasionale, mentre la prolungata disponibilità dell'opera appare condizione tipica del collezionista che intende godere della stessa.
Venendo invece alle attività finalizzate alla vendita, l'inserimento in un catalogo o l'esposizione in mostre di prestigio potrebbe essere un indice di commercialità dell'operazione.
Il numero delle transazioni effettuate, gli importi elevati, il numero di soggetti con cui vengono intrattenuti rapporti, individuano invece il discrimine sulla base dell'abitualità e quindi possono ricondurre l'attività nell'alveo del reddito d'impresa.
Dunque, il semplice collezionista non sarà soggetto ad alcuna imposizione, ma sarà bene che confronti il proprio operato con le caratteristiche dell'attività posta in essere.

Roberto Giacinti è Dottore Commercialista dal 1971, è stato giudice tributario della Commissione Tributaria Provinciale di Firenze, professore associato di Istituzione di Economia presso le università di Firenze Potenza e Pisa; è consulente di vari enti privati e pubblici tra cui l'AC Firenze. Autore di centinaia di pubblicazioni di contenuto professionale, ma anche inerenti le sue passioni: auto e barche storiche.