
Avete presente quando incontrate qualcuno per strada e vi scervellate per capire chi sia e come precedentemente costui o costei abbia già fatto parte della vostra vita salvo scoprire che si trattava solo di una somiglianza?
Ecco, partendo da questa sensazione non si può che arrivare all’auto di cui tratteremo nei prossimi paragrafi, talmente somigliante a un mito italiano da esserne una “sorella mancata”.

Ecco a voi l’auto del popolo sovietico: la Fiat 600. Ehm scusate, la ZAZ 965!
ZAZ: dalle trebbiatrici all’auto del popolo

Il marchio ZAZ nasce in Ucraina addirittura in epoca vittoriana per mano di Abraham J. Koop, industriale tedesco, che le dona capitali e nome societario. Questa si occupa in principio di costruire macchinari agricoli e tale destinazione rimane anche dopo la rivoluzione russa quando l’azienda viene statalizzata sotto il nome di Kommunar.
Se si esclude il periodo della seconda guerra mondiale nel quale viene riconvertita alla produzione bellica, la specialità della Kommunar sono le trebbiatrici, “copiate” da modelli statunitensi al fine di ridurre le importazioni dall’estero.
Nei primi anni ’50, le economie, spinte dall’entusiasmo post-bellico crescono a ritmi vertiginosi permettendo anche ai ceti meno abbienti l’acquisto di un bene come l’automobile.
In questo contesto in URSS si producono solo la GAZ 20 Pobeda e la Moskvich 401, decisamente troppo grandi per motorizzare un paese intero e soprattutto inarrivabili per le vuote tasche del medio cittadino sovietico.
Un prototipo “bollente”
Nasce perciò la necessità, come fatto notare dal NAMI, l’Istituto Nazionale per l’Automobile, di creare una vettura abbordabile per il cittadino medio e l’imperativo è ispirarsi totalmente alla neonata Fiat 600, capolavoro italico di Dante Giacosa
L’ordine è talmente perentorio che arriva direttamente dal ministro Strokin, capo dell’industria sovietica dell’automobile, e porta alla nascita di un primo prototipo: la MZMA 444, dove MZMA sta per Fabbrica Moscovita Automobili Compatte, ovvero il luogo di nascita delle Moskvitch dal 1945 al 1968.

Il prototipo mostra subito grandi somiglianze con la coeva Fiat 600, almeno per quanto riguarda la parte anteriore. Ma le somiglianze finiscono qui.
Viste le pessime condizioni delle strade russe, si opta per cerchi ruota da 13′ , in luogo dei Fiat da da 12′, ricorrendo ad una altezza dal suolo di ben 200mm. Alla linea si aggiunge poi un accenno di terzo volume dove viene alloggiato un motore bicilindrico raffreddato ad aria da 17,5cv in luogo del 4 cilindri raffreddato a liquido dell’utilitaria Fiat.

I primi problemi nascono proprio dal motore, di derivazione motociclistica, che si dimostra totalmente inadeguato al proprio compito. La vettura raggiunge a mala pena gli 80 km/h, è estremamente rumorosa e soffre di surriscaldamento. Il ciclo vitale del propulsore è stimato in 30000 km.
Alcune leggende raccontano che tale motore fosse usato per avviare i carri armati russi, ma si tratta di storie del tutto infondate.
Quando la politica ci mette lo zampino…
Si decide così di ripartire da zero ispirandosi alla concorrenza europea, lanciatissima nella produzione di 4 cilindri raffreddati ad aria, alla stregua del motore del Maggiolino Volkswagen. Nasce così il motore denominato NAMI V, ovvero un 4 cilindri contrapposti che a causa di questa scelta progettuale presenta grossi problemi nella registrazione delle valvole dato che i passaruota non favoriscono l’accessibilità al vano motore.
Il progetto prevede una vettura con motore disposto anteriormente, ma sul più bello, come spesso accaduto in URSS durante la guerra fredda, qualche “cervellone” estraneo alla progettazione decide di rivoluzionare tutto al fine di velocizzare la messa in produzione del veicolo, quale dimostrazione della superiorità tecnica sovietica sul mondo capitalista.
A tal fine viene così imposto il motore NAMI G (sigla di progetto, guardacaso, MeMZ 965), un 4 cilindri a V di 90° da 746cc raffreddato ad aria nato per scopi militari e pronto ad andare in produzione con la potenza di 23CV.

I problemi nascono dal posizionamento, in quanto gli stessi luminari, abituati più ai giochi di palazzo che a disegnare a mano libera, impongono di alloggiare il motore posteriormente, contrariamente alla logica che lo vorrebbe situato fronte-marcia, per migliorarne il raffreddamento.
Ma oramai il dado è tratto e si procede pertanto alla riprogettazione della coda della vettura, dalle sospensioni alle prese d’aria fino alla trasmissione, con l’originale sostituita da un gruppo di derivazione militare, semplificato per nuovo utilizzo in accoppiata con il NAMI G,
Tale riprogettazione porta involontariamente a quello che sarà il tratto distintivo della 965 nell’arco della sua intera produzione, ovvero le “orecchie”, le prese d’aria voluminose poste sui parafanghi posteriori al fine di convogliare più aria possibile ad un motore dai “bollenti spiriti”.
Il progetto
Il 28 Novembre 1958, il Ministero approva, non senza qualche dubbio, il progetto della vettura. Il leader sovietico Nikita Chruščëv non desidera passare alla storia come il promotore dello sviluppo dei mezzi privati, però riconosce che dopo anni di sacrifici del popolo, dovuti alla ricostruzione dopo la guerra, vi sia bisogno di elevare la qualità della vita dei cittadini.
Si decide così per l’industrializzazione del progetto nell’arco di un biennio ristrutturando completamente la fabbrica Kommunard di Zaporozhets. I motori saranno realizzati presso la fabbrica MeMZ, ex fabbrica di motori diesel per scopi industriali sita a Melitopol, proprio nelle vicinanze dell’impianto principale.
Nasce così il primo prototipo, chiamato 650 (invece che MZMA 444), svelato alla “Esposizione delle conquiste dell’economia nazionale” a Mosca nel biennio 1958-1959.

Nel 1959 vengono ridisegnate le sospensioni anteriori ispirandosi al Maggiolino Volkswagen, che divengono così a ruote indipendenti con barra di torsione.
La nascita del “Gobbo”
Il 12 Giugno 1959 nasce così la prima ZAZ 965, così chiamata in onore della fabbrica di Zaporozhets incaricata della produzione e del motore scelto per motorizzarla. Vengono realizzati una serie di veicoli di pre-produzione per i test su strada, fino alla creazione della versione definitiva.
Il 18 Luglio 1960 viene presentata alle autorità quella che dovrebbe essere la vettura in grado di motorizzare le masse in URSS e lo stesso Chruščëv prova la 965 fuori dal palazzo del Consiglio dei Ministri e fino alla zona industriale di Ivanovo, definendo la piccola ZAZ come “Un ottimo regalo per i lavoratori”.

Si giunge all’approvazione definitiva, che avviene il 25 Luglio e porta alla commercializzazione il 25 Ottobre. Il prezzo al pubblico è di 1800 rubli: è la vettura più economica e più piccola (3,33m di lunghezza e 1,39m di larghezza) in vendita sul suolo russo.
Nonostante l’enfasi posta sul modello, la produzione viene avviata con molta lentezza, con sole 1500 vetture nel 1960. La 965 ottiene comunque un buon successo, tanto da essere ricordata ancora oggi con affetto dalle popolazioni dell’ex-URSS che non le lesinano soprannomi affettuosi, come “Cosacca di Dnieper” o il più noto “Gobbo”.

In virtù dell’altezza dal suolo, dello schema di sospensioni e della massa ridotta, la ZAZ 965 si diffonde nelle aree rurali e nelle zone con le strade più disastrate. Riesce ad uscire a testa alta dalle fangaie peggiori, quasi fosse una piccola fuoristrada.
Nelle città, invece, fa breccia nel cuore dei cittadini grazie agli spazi di manovra ridottissimi e ai suoi consumi molto bassi. Garantisce inoltre una facilità di riparazione notevole vista la semplicità del propulsore.
ZAZ 965A: l’evoluzione della specie
Nonostante tutto l’affetto che la gente le dedica, la 965 è ben lungi dall’essere perfetta. Nei primi due anni di produzione vi sono molte lamentele per le barre di torsione che perdono efficacia in poco tempo e per il rumorosissimo motore che, come ampiamente previsto, si surriscalda nelle giornate più afose,
A tal proposito i prototipi continuano a macinare chilometri, con dieci vetture test che percorrono un milione di km in ogni condizione possibile, accumulando una quantità notevole di dati e riscontri pratici sul modello in commercio.
A seguito di questi feedback si decide di intervenire con una sorta di restyling in salsa sovietica, messo in vendita con la sigla di 965A.

La 965A si distingue dal modello precedente per il motore maggiorato, denominato MeMZ966. Cresciuto sino a 887cc di cilindrata per una potenza di 27cv, ha la peculiarità di avere un angolo di 90° tra le bancate. Si evita così il bisogno di un albero di equilibratura, sempre nell’ottica della massima semplificazione delle componenti.
All’interno si notano il volante, ridisegnato e dotato del nuovo stemma al suo centro, i nuovi sedili e il rinnovato cruscotto che incorpora anche un termometro per la temperatura dell’olio motore.

Esternamente si nota subito il riposizionamento delle frecce, che dai parafanghi anteriori sono spostate sotto alle luci anteriori. La novità più evidente risiede nella parte posteriore, dove le famose “orecchie” della vettura sono ridisegnate. Evidente il passaggio da una fisionomia vicina a quella delle auto americane anni ’50 a un design più lineare e tecnicamente efficiente.

Nel 1966 arriva l’ultimo restyling, con la 965 che si avvia verso il crepuscolo, portando in dote il motore MeMZ966A, con potenza elevata a 30cv, accoppiato a un’estetica ancora rivista nel frontale e nel posizionamento degli indicatori di direzione.
Nonostante i miglioramenti continui del prodotto il prezzo rimane contenuto e passa dai 1800 rubli del 1960 ai 2200 del 1969, restando fedele al desiderio di Chruščëv, destituito nel 1964, di una automobile economica e alla portata di tutti.
Obiettivo mancato e distribuzione estera
La ZAZ 965A esce di produzione nel maggio 1969, con l’uomo che sta per sbarcare sulla Luna e nel pieno della corsa allo spazio. Lascia il testimone alla 966, esteticamente ispirata alla contemporanea Chevrolet Corvair ma comunque fedele all’impostazione tecnica precedente. Mantiene inoltre le “orecchie”, necessarie a ventilare il piccolo motore posteriore.
Se sul mercato interno la ZAZ è riuscita a farsi ricordare, pur senza realizzare l’auspicata motorizzazione di massa (un primato che sarà appannaggio della mitica Lada Zhiguli) per quanto riguarda la commercializzazione estera, la vettura non si è mai andati oltre qualche comparsata.
Mostrata al pubblico europeo al salone di Bruxelles del 1961 e ai saloni di Londra del 1961 e 1962 non si è mai andati oltre il timido approccio di alcuni importatori che ha portato solo alla stampa di qualche brochure. E’ andata meglio alla 965A, venduta in 300 esemplari in Austria e Benelux grazie a un importatore che l’ha proposta col nome di “Yalta”.

Curiosità ed eredità
Con “007 Goldeneye”, la piccola ZAZ 965 raggiunge una certa notorietà cinematografica. James Bond (interpretato per l’occasione dall’avvenente Pierce Brosnan) scorrazza per Mosca su di una curiosa 965 color puffo di proprietà del suo contatto del posto.
Tra le curiosità relative alla storia di un modello che comunque ha fatto breccia nel cuore dei sovietici è d’obbligo ricordare che nel corso della produzione la ZAZ 965 ha avuto un occhio di riguardo per i portatori di handicap,. Si tratta di un problema molto sentito in un mondo appena uscito da due guerre mondiali consecutive.
Ponendosi all’avanguardia, la vettura viene costruita in varie versioni in modo da rivolgersi ad un pubblico il più ampio possibile. Sono così nate la 965AB, sviluppata per i guidatori senza uno o due piedi, e la 965AR, per i guidatori senza un braccio e una gamba.
Alla fine di tutta questa storia rimane la curiosità dei risultati che avrebbe potuto ottenere in Italia una vettura simile se qualche temerario, come lo è stato Bepi Koelliker qualche anno dopo, l’avesse importata da noi… E voi, l’avreste comprata?

Nato in una notte del dicembre 1985 e fiorentino doc a tutti gli effetti, sin da piccolino si vedeva la mia forte passione per l’automobile, testimoniata dal fatto che prima ancora di parlare fluentemente deliziavo i miei genitori con i nomi delle auto viste e riconosciute sulle riviste del periodo! Ho vissuto un’infanzia felice scorrazzando con la Citroen 2CV 6 Special rossa di mia madre e l’amatissima Ford Escort SW del 1994, auto di mio padre e da me fortemente desiderata al punto da sceglierne il colore!
Nel corso degli anni sono stato tra i fondatori del Knight Rider Italia, fan club italiano della serie Supercar e sono divenuto assiduo frequentatore della 24h di Le Mans con una gang di amici impareggiabili. Sono anche motociclista da più di dieci anni, vi aspetto per un panino insieme sui passi dell’Appennino Tosco-Emiliano!