Il mondo dell'automotive dei primi anni '50 presenta uno scenario che definire promettente è riduttivo. Nel corso del decennio svariate case produttrici tentano la strada della motorizzazione di massa, ma non sempre questa “corsa all'oro” porta i risultati sperati. Vi sono poi delle vetturette che rimangono più in disparte, sconosciute ai più, ma riescono a segnare le sorti di paesi notoriamente non associati al mondo dei motori. Ecco a voi la piccola austriaca dal cuore grande: la Steyr Puch 500.
Tre marchi in uno: grandi nomi e una fusione inevitabile
Nato in terra austriaca, notoriamente avara di soddisfazioni motoristiche, il marchio Puch vede la sua genesi nel 1899. Inizialmente la produzione è dedita alle biciclette come voluto dal fondatore Johann Puch. Nel 1906 la produzione abbraccia quello che risulterà il “core business” definitivo: la produzione di autoveicoli, ciclomotori e mezzi di soccorso quali autopompe e ambulanze. La produzione ha luogo in quattro stabilimenti differenti, situati a Graz, Vienna, Budapest e Praga.
Auto Daimler nasce invece nel 1902, dedicandosi subito alla produzione di autoveicoli a motore. Già nel 1905 il marchio mette in produzione una vettura a quattro ruote motrici, dando sfoggio di notevoli doti ingegneristiche. Nel 1906 Paul Daimler, figlio del ben più noto Gottlieb Daimler, lascia il timone ad un giovane ingegnere di belle speranze: Ferdinand Porsche. Nel contempo il marchio cambia nome in Austro Daimler, nome col quale giungerà alla fusione con Puch nel 1928.
Le origini del marchio Steyr invece risalgono a molti decenni prima. Difatti già nel 1864 si registra l'inizio della produzione di armi, divenendo unico fornitore dell'esercito austro ungarico. Dopo il termine del primo conflitto mondiale l'azienda avvia la conversione degli stabilimenti per avviare la produzione di autovetture (1920). Nel 1924 l'azienda diviene Steyr Werke AG e sotto la guida tecnica di Hans Ledwinka, Ferdinand Porsche (sì, di nuovo lui!) e Karl Jescke il marchio si afferma grazie ad una serie di importanti successi sportivi.
Si pongono così le basi per la fusione tra Steyr Werke AG e Austro-Daimler-Puchwerke. Nel 1934 nasce la Steyr Puch.
Il neonato marchio austriaco continua la produzione di vetture a 4 e 6 cilindri fino all'inizio del secondo conflitto mondiale. Dopo la fine della guerra l'azienda dovrà ripartire da zero: ed è proprio in questo contesto che nasce l'accordo con Fiat e la nascita della 500 “made in Austria”.
Motorizzazione di massa in salsa austriaca
Per Steyr-Puch, l'obbiettivo post-bellico per riavviare la produzione ed per uscire dalla crisi sembra chiaro: fornire al mercato mezzi economici per favorire la mobilità di massa. Questo deve avvenire con un prodotto economico adatto a motorizzare l'Austria trainando così le vendite del gruppo. Il problema principale è che non vi sono i fondi e il know-how per realizzare in proprio una gamma di vetture.
Diviene essenziale trovare una piattaforma collaudata sulla quale sviluppare il nuovo prodotto e così assume fondamentale importanza l'accordo stretto con Fiat.
Steyr Daimler Puch diviene importatore per il mercato austriaco del marchio torinese. Nascono così le versioni prodotte su licenza di molte vetture a noi note, quali ad esempio la Fiat 1400. Non si tratta di un semplice assemblaggio in loco, visto che le vetture vengono spesso riviste con motorizzazioni inedite in Italia.
Nell'ottica di espandere la gamma per aumentare le vendite, Steyr-Puch contatta ancora il marchio Piemontese per ottenere la licenza di produrre il nuovo gioiellino che sta spopolando in Italia: la fiat 500.
Mai vista in Italia
Dopo l'accordo siglato nel 1954, il 1957 segna l'inizio della produzione della 500 in terra austriaca. In base al concordato, Fiat fornisce telaio, scocca e interni mentre il resto spetta a Steyr Puch. La 500 “Austriaca” viene quindi dotata di un bicilindrico boxer prodotto in loco, accoppiato ad un cambio ZF.
Se vi state domandando come mai non ne abbiate mai incontrata una in Italia, il motivo è presto detto. In base all'accordo siglato tra le due aziende, la versione Steyr Puch non può essere commercializzata nei mercati dove sia già in vendita la Fiat 500. Risulta perciò ovvio che la diffusione del nuovo modello sia limitata a pochi stati, essendo la piccola torinese un esempio di world car ante litteram.
“Pucherl”: dal sogno di Giacosa alla Combi
Parte così la produzione della “piccolina” di casa e potremmo dedicarci ad un gioco assai famoso nelle riviste di enigmistica: trova le differenze! Esteticamente vi sono poche ma mirate modifiche giustificate a volte da precise scelte tecniche altre da pura volontà di differenziarsi dall'originale.
Si notano immediatamente i fregi di tipo differente e il cofano posteriore con nuove prese d'aria, nettamente maggiorate e di disegno più lineare. Si fanno notare inoltre i cerchi con canale e mozzi maggiorati, oltre ai paraurti più arrotondati rispetto agli originali. Un vezzo particolare risiede nel tachimetro, orientato in senso opposto all'originale italiano.
Le modifiche più succose sono celate agli occhi in quanto il motore Fiat viene sostituito da un piccolo boxer in alluminio di 493cc, capace di sviluppare 16cv a 4600 giri/min, accoppiato ad un cambio ZF. Meno visibili ma sempre importanti le modifiche a impianto frenante e ammortizzatori, maggiorati e tarati per prestazioni superiori.
Grazie a questa meccanica si raggiungono infatti i 100 km/h, contrariamente alla piccola Fiat che si ferma a soli 85km/h.
E' interessante notare che, involontariamente, la Steyr Puch realizza quello che era il progetto originario che il padre della 500, Dante Giacosa, avrebbe voluto realizzare.
Giacosa, come afferma nel suo libro “I miei 40 anni i progettazione in Fiat”, avrebbe voluto un motore boxer sulla Fiat 500, riconoscendolo come la miglior soluzione tecnica per la piccola Fiat. La scelta di puntare sul più semplice bicilindrico in linea da 479cc venne presa nell'ottica di una complessiva riduzione dei costi del progetto.
Il successo della piccola Steyr Puch non si fa attendere e la simpatica vetturetta diviene una presenza abituale sulle strade, adottata anche dal locale automobile club o dal servizio postale. La Steyr Puch 500 viene così ribattezzata “Pucherl” o “Puchwagen”, divenendo parte essenziale del paesaggio austriaco.
Col passare degli anni l'evoluzione della piccola Puch ricalca quella del corrispettivo modello italiano pur mantenendo delle sostanziali differenze tecniche. Dal 1959 diviene disponibile la versione a tetto chiuso caratterizzata da un piccolo spoiler posteriore e, in seguito alla presentazione della 500D, arrivano accessori importanti. Tra questi si segnalano impianto lavavetri, i sedili reclinabili ma soprattutto un cambio interamente sincronizzato.
Debuttano poi una versione potenziata a 20cv e in grado di raggiungere i 105km/h, denominata “DL”, e la versione corrispondente dell'italica “giardiniera” ribattezzata 700C, ovvero Combi.
Quest'ultima nasce con un motore di 643cc capace di una potenza di 25cv e viene affiancata dall'allestimento E, più economico e depotenziato a 20cv.
La Combi diviene disponibile in allestimento a quattro posti o in versione commerciale a due posti, con la possibilità di scegliere tra tetto apribile o in lamiera.
Nel 1962 alla DL si affianca la 500C, variante economica e con motore depotenziato.
La corsa alle prestazioni
Sempre nel 1962 sulla berlina arriva il propulsore della Combi, dando vita alla 500DH, versione destinata esclusivamente alle forze militari e di polizia austriache. Qualcuno si rende evidentemente conto del potenziale commerciale di tale versione e così nasce la 650T, dove la T deriva da Thondorf ovvero la zona di Graz ove risiede la fabbrica.
Così equipaggiata la 650 T col propulsore di 660cc, sviluppa 22,8cv a 5000 giri/min e raggiunge i 120km/h.
La corsa alle prestazioni non si arresta. Prendendo spunto da ciò che sta avvenendo in Italia grazie a Carlo abarth, nasce nel 1964 la versione 650TR. Questa si presenta con un'ulteriore evoluzione del bicilindrico Steyr Puch, capace di sviluppare la potenza di 27cv e di spingersi fino a 123km/h, grazie all'utilizzo di un carburatore Zenith doppio corpo. Il tutto ovviamente viene “condito” con un irrigidimento dell'assetto e l'adozione di semiassi e freni adeguati alle maggiori potenze in gioco.
Il problema è che siccome l'appetito vien mangiando qualcuno in terra austriaca si ingolosisce parecchio e alla fine del medesimo anno nasce la TR2. Questa evoluzione riesce a raggiungere la potenza di 34cv che la spingono a una velocità di oltre 130 km/h.
E qui la storia diviene molto simile a quella delle corrispettive versioni Abarth vendute in Italia, dato che diviene disponibile un kit, denominato Montecarlo, applicabile sulla 650 TR2. La piccoletta di casa Puch raggiunge, così equipaggiata, i 39,5cv di potenza a 6000 giri/min che la portano a passare i 140km/h.
Grazie a queste prestazioni la piccola vettura austriaca spopola nelle corse, con alcuni preparatori che riescono a “spremere” quasi 50cv dal motore rendendola quasi imbattibile. Questa competitività porta nel 1966 alla vittoria del campionato europeo rally da parte del polacco Sobieslaw Zasada, grazie alla robustezza della vettura e alla sua grande agilità.
La F e il lento declino
Nel 1967, in ritardo di due anni rispetto alla Fiat, la Puch 500 si allinea alla produzione italiana. Viene introdotta la versione derivata dalla 500F. Cambia la scocca e vengono adottate le portiere incernierate all'anteriore, mentre il tetto perde il caratteristico piccolo spoiler.
Nasce una nuova versione di accesso alla gamma, denominata S ed equipaggiata con motore 493 con 16 o 19,8 cv. Le altre versioni vengono confermate, mentre in seguito vengono riproposte le versioni TR e l'inedita TR2 “Europa” che portano in dote un nuovo quadro strumenti comprensivo di contagiri e indicatori di pressione e temperatura olio.
E' l'inizio della fine, in quanto il progetto sconta oramai una certa anzianità e già nel 1968 la piccola Puch vede una forte contrazione dei numeri di vendita.
Restano così disponibili solo le versioni equipaggiate col propulsore più piccolo che resteranno in produzione sino al 1973, anno di riconversione degli impianti alla produzione della Fiat 126 in versione Puch, ovviamente con motore boxer.
Si chiude così la storia di questa piccola vettura, una “gemella diversa” della nostrana Fiat 500, capace di vendere circa 60.000 unità nel corso di 16 anni di storia.
Ciò che rimane di una grande storia
Dopo la fine della produzione della 500 il marchio Steyr Puch continua a produrre veicoli singolari, dando vita nel 1979 all'intramontabile mercedes G-Wagen e sviluppando il sistema di trazione integrale che equipaggia la Fiat Panda 4×4.
Nel 1990 il gruppo viene smembrato in varie parti vedendo la cessione del ramo motociclistico al gruppo piaggio, il ramo macchine agricole a CNH e quindi ad FCA.
L'eredità delle glorie passate ricade quindi su Magna Steyr, nata dopo l'acquisizione da parte del gruppo canadese Magna. Rispetto al passato non vi sono più modelli specifici bensì ci si è specializzati nella costruzione di auto e componentistica per conto terzi. A tal proposito si segnalano proficue collaborazioni coi gruppi Daimler Benz, BMW, Toyota e Jaguar.
Si ringrazia Roberto Giacinti per la gentile consulenza e la supervisione
Nato in una notte del dicembre 1985 e fiorentino doc a tutti gli effetti, sin da piccolino si vedeva la mia forte passione per l'automobile, testimoniata dal fatto che prima ancora di parlare fluentemente deliziavo i miei genitori con i nomi delle auto viste e riconosciute sulle riviste del periodo! Ho vissuto un'infanzia felice scorrazzando con la Citroen 2cv 6 Special rossa di mia madre e l'amatissima Ford Escort SW del 1994, auto di mio padre e da me fortemente desiderata al punto da sceglierne il colore!
Nel corso degli anni sono stato tra i fondatori del Knight Rider Italia, fan club italiano della serie Supercar e sono divenuto assiduo frequentatore della 24h di Le Mans con una gang di amici impareggiabili. Sono anche motociclista da più di dieci anni, vi aspetto per un panino insieme sui passi dell'Appennino Tosco-Emiliano!